Tuesday, March 1, 2011

Le madri del Parco Laleh

In un paese come la Repubblica Islamica dell'Iran, che discrimina per legge le donne, il grido di dolore delle Madri del Parco Laleh vale 2 volte: vale perché sono madri, e vale perché sono donne. Come madri, vale perché piangono i loro figli e chiedono giustizia in loro nome. Come donne, vale perché è un segno che il loro coraggio va al di là della discriminazione di genere.
Le Madri del Parco Laleh vogliono avere in Iran la stessa funzione e la stessa importanza che in Argentina hanno avuto le Madri di Plaza de Mayo: vogliono essere un punto di riferimento per tutti coloro che credono nei diritti umani e nella giustizia. Vogliono dire a tutte le persone di buona volontà che ci sono nel mondo: aiutateci! Le Madri hanno qualcosa che nessun altro ha: non c'è niente di altrettanto ostinato, forte e inestinguibile come il dolore di una Madre. E al tempo stesso non c'è niente di altrettanto semplice, puro, incontaminato dalla politica. Le Madri non fanno politica, le Madri chiedono verità e giustizia. Non solo per il passato, ma anche per il futuro. Chiedono che mai più altre Madri debbano sopportare lo stesso dolore. Chiedono che l'Iran possa avere un avvenire in cui nessuna madre debba piangere un figlio impiccato, torturato, arrestato arbitrariamente, processato in modo sommario. Le Madri del Parco di Laleh sono idealmente le mamme di tutti gli iraniani; di tutti i prigionieri politici e di coscienza detenuti nelle prigioni del regime; di tutti i condannati a morte in attesa di esecuzione; di tutti i prigionieri che subiscono torture feroci e processi ingiusti. Le Madri del Parco Laleh non piangono e non chiedono giustizia solo per i propri figli, ma anche per tutti gli altri, soprattutto per quelli che sono stati dimenticati, e per quelli che non hanno una madre che possa difenderli: le Madri del Parco di Laleh sono come madri "adottive" di tutti gli iraniani perseguitati, torturati, assassinati dal regime.
Il regime ha impedito alle Madri persino di incontrarsi silenziosamente, ogni sabato, nel Parco Laleh. Il regime ha capito così bene il potenziale, la forza di questo gruppo di Madri, che le ha picchiate, le ha minacciate, le ha ripetutamente arrestate. Eppure non avevano fatto nulla, se non radunarsi in silenzio per piangere i propri figli e per chiedere giustizia e verità sulla loro sorte. Questo è l'attuale regime della Repubblica Islamica dell'Iran: un regime che ha paura di Madri che piangono.
Le Madri del Parco Laleh sono donne iraniane. Come tali, la loro attività si colloca accanto a quella di tutte le altre donne iraniane che, in questo momento del Paese, lottano per la libertà, la dignità e i diritti umani. Ed è importante sottolineare che queste donne non lottano semplicemente in quanto donne che chiedono parità con gli uomini, ma come cittadine che chiedono libertà e diritti umani per tutti. Le donne iraniane stanno pagando un prezzo altissimo e lottano accanto agli uomini. Basti pensare a avvocati per i diritti umani come Nasrin Sotoudeh, ad attiviste del movimento studentesco come Mahdieh Golrou e Bahareh Hedayat, a giornaliste come Nazanin Khosravani. Per non parlare di quelle che sono state arrestate insieme ai mariti, come Jila Baniyaghoub o Mahsa Amrabadi (che adesso sono libere) perché ne condividevano l'impegno professionale e politico. La presenza femminile nel movimento per la libertà, i diritti e la democrazia in Iran è un dato sottovalutato e va invece raccontato e pubblicizzato all'estero.

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